RIVOLUZIONE: Serie B a 234,5 squadre, Palermo retrocesso

RIVOLUZIONE: Serie B a 234,5 squadre, Palermo retrocesso

“L'Apocalisse non è la fine del mondo, ma piuttosto la fine del mondo come noi lo conosciamo.

L'Apocalisse sta arrivando, e non sarà per niente uguale a come ce l'hanno insegnata”.

 

Partiamo con ordine.

Riduzione delle squadre professionistiche da cento a sessanta. Serie A invariata, serie B con due gironi da venti squadre (!) con aggiunta delle mutualità (ovvero i proventi che arrivano dalla massima serie) dell’attuale serie C che diventerebbe a sua volta non professionistica con tre gironi, anche questi da venti. La serie D tornerebbe il vecchio torneo interregionale con la costituzione attuale di nove gironi da diciotto. Venti squadre passano dalla C alla B, altre venti dalla D alla C, recuperando in entrambi i casi le prime classificate e altre compagini scelte con criteri ancora da stabilire. 

 

Questo il sunto di un macello che, tecnicamente, dovrebbe rilanciare il calcio italiano.  

Pensare ad una promozione d’ufficio di ben diciassette squadre dalla serie C a questa sorta di serie B gigante, di altre undici dalla D ad una specie di terza serie “fasulla” e di un numero imprecisato di compagini dall’Eccellenza appare tuttavia una aberrante profezia di presa in giro.


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E il Palermo? Con questa “rivoluzione” la serie C, in sostanza, non esisterebbe più ma sarebbe smembrata in due parti accorpate la prima alla serie B, la seconda a questa nuova terza serie non professionistica nella quale figurerebbero proprio i rosa. 

Che in realtà è solo la serie D che cambia nome.

Risultato? Palermo promosso in serie…D

 

I rosa, così come tutte le altre prime, rischierebbero una beffa clamorosa e chi ha programmato e guadagnato sul campo l’accesso verso il calcio “che conta” si ritroverebbe in una sorta di “D Élite” che fa già abbastanza ridere così. Un nuovo sistema di caste che creerebbe una spaccatura ancora più profonda fra le categorie del calcio, arricchendo i primi due campionati e lasciando al degrado il resto, con lo specchietto per le allodole di presunti sgravi fiscali e pagamenti solo di rimborsi. 

 

Si presumeva un accordo “all’italiana” e i presagi sono ancora più funesti di quanto era stato ipotizzato finora.  

Al calcio non serve una soluzione che, ancora una volta, privilegia i dindini ed evita qualche scartoffia estiva in più in tribunale. Al calcio serve altro. 


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