Un bagno di umiltà: via gli specchi, si parte sfavoriti con tutti

Se è vero che chi corre guardando indietro prima o poi va a sbattere, è altrettanto probabile che un’occhiata una tantum agli specchietti retrovisori non può che aiutare il prosieguo della corsa.
Fuor di metafora, questo Palermo in modalità ascensore, che sale e scende dalla giostra dei risultati, delle prestazioni, delle certezze, farebbe bene a calarsi definitivamente nel contesto che si è scelto, ovvero nell’unica dimensione che gli appartiene: dichiararsi periferico rispetto al centro nevralgico di questa Serie C oggi non è più un bagno di umiltà. Già che la precondizione per voler essere umili è vivere una condizione di superiorità, circostanza qui assente.
È piuttosto un bagno di lacrime: quelle dei tifosi, una parte dei quali insistono nella contestazione dura e pura, armati di teloni e bombolette spray; quelle della Società, costretta dalla realtà a fare mea culpa constatando il potenziale non più inespresso di un organico che forse no, non è da decimo posto, ma nemmeno troppo lontano dall’ultimo dei primi posti; quelle di Boscaglia che ha pagato un prezzo deciso da altri, e quelle di Filippi che dopo le tante bollicine catanesi deve smaltire la sbornia e pure in fretta; e infine le lacrime dei giocatori, che - nessuno escluso - sono i primi responsabili della debacle stagionale.
Insomma unico ed ultimo obiettivo restare aggrappati ai playoff. Sarà più facile iniziando davvero a ragionare come fanno le cosiddette piccole: via gli specchi, ché l’immagine riflessa non è un granché, tanta corsa e sacrificio, immaginando, anzi, convincendosi di partire sfavoriti con tutti.