Il calcio, l'Italia e la Pausini. Diop si racconta a FP.IT

Il calcio, l'Italia e la Pausini. Diop si racconta a FP.IT

«Sono arrivato a Pagani con problemi fisici, venivo da quattro mesi senza giocare. Ho ricevuto tanta fiducia da parte della società e del mister: sono stati due anni importanti sia dal punto di vista personale che di gruppo».

Sono passati undici anni da quando Abou Diop è arrivato in Italia. L'attaccante della Paganese si è raccontato ai nostri microfoni. 

È stata l'Udinese a scoprire il suo talento in Senegal, dove Abou è cresciuto in una famiglia con quattro fratelli. «Per me arrivare in Italia è stato un sogno. Nel mio Paese sin sa piccoli si spera di diventate un calciatore professionista e approdare in Europa, soprattutto in Italia. Sono cresciuto ammirando campioni come Del Piero, Totti... Anche se il mio calciatore preferito italiano è Vieri». Ma è il Toro a consacrarlo nel calcio professionistico: «l'Udinese mi ha portato in Italia, poi sono andato a Trieste. È il Torino però che mi ha tesserato: sono cresciuto nel settore giovanile granata. Posso dire che calcisticamente sono nato a Torino».

 

L'infanzia nel segno di Samuel Eto'o. È lui il calciatore che da piccolo ha ispirato la carriera di Abou e il sogno di poter raggiungere un giorno il vero calcio. «Mi ispiravo a lui. Da piccolo il mio idolo è stato Eto'o, mi piaceva come giocava e si muoveva in campo». 

Un amore per il nostro Paese che Diop coltiva da piccolo, anche grazie alla musica: «Qui in Italia ho conosciuto tanta brava gente. Mi piace tutto: lo stile di vita, il cibo ma soprattutto la simpatia degli italiani. Ascolto tanta musica italiana, da Vasco Rossi a Jovanotti. Ma sono cresciuto - in Senegal è molto famosa - con Laura Pausini, quindi la sua musica mi ricorda l'infanzia».

Per Abou diventare calciatore è stato «un sogno che è diventato realtà» anche se «avrei voluto fare molto di più, però finché c'è vita c'è speranza (sorride ndr)».

 

Importante è anche la fede: «Sono musulmano e molto religioso, credo molto». Non sa ancora quale sarà la sua vita dopo il calcio ma la speranza è di tornare in Senegal con papà - anche lui ex calciatore in Qatar - mamma e i suoi quattro fratelli: «Sono qui da undici anni, mi piacerebbe tornare a vivere nel mio Paese con la mia famiglia. Certamente qui tornerò, però il mio desiderio è tornare là. Si vedrà, non so cosa succederà nel futuro (sorride ndr)».

Ritornando all'attualità, sabato arriva il Palermo dell'amico Kanoute: «Ci conosciamo benissimo, è un amico. Ci sentiamo spesso, parliamo tanto soprattutto su Instagram».

 

Una sfida importante per la Paganese da cui Diop si aspetta il massimo: «Siamo reduci da una partita molto dispendiosa contro l'Avellino. Stiamo recuperando sia dal punto di vista fisico che mentale: martedì abbiamo ripreso gli allenamenti con l'obiettivo di arrivare pronti al difficile appuntamento con il Palermo, serve dare il massimo. Siamo consapevoli - continua l'attaccante - che loro sono una grande squadra, ma noi seguendo le direttive del nostro allenatore possiamo fare bene: non firmo per il pari, ci servono tre punti e voglio vincere. Ho fatto otto reti ma occore fare di più per arrivare alla salvezza». Una partita importante che si giocherà, come purtroppo da consuetudine in questa stagione, senza pubblico: «I tifosi sono sempre stati la nostra forza. Giocare senza di loro è un'altra cosa, un altro calcio. Senza tifosi è più brutto, però questa è la situazione attuale. Speriamo - conclude Diop - che il prossimo anno si possano rivedere gli stadi pieni». 


 

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