Palermo-Milan 3-0, la «vittoria silenziosa» di Papadopulo

Palermo-Milan 3-0, la «vittoria silenziosa» di Papadopulo

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Alla fine degli anni Sessanta, in Grecia, Georgios Papadopoulos si fa promotore del colpo di Stato che lo portò a governare il paese ellenico sotto quella che poi sarà chiamata la “Dittatura dei Colonnelli”. Chiaro esempio di come si ottenga il consenso con la forza. Nel 2006 un allenatore di calcio, che con la Grecia ha poco a che fare ma il cui destino ha donato un cognome tanto vicino al mondo ellenico, il popolo rosanero l’ha conquistato esattamente nel modo opposto, con un silenzio più assordante delle bombe.

 

La prima “battaglia” sportiva di Giuseppe Papadopulo sulla panchina del Palermo è datata 31 gennaio 2006, che dal punto di vista sportivo ci regalerà l’emozione della finale di Berlino, con cinque giocatori rosanero che, in Germania, probabilmente ci andarono grazie a lui. 

Quarto di finale di ritorno di Coppa Italia, al Renzo Barbera, contro il Milan di Ancelotti. Quello di Kakà, giusto per ricordarne uno. I rosa devono ribaltare la vittoria di misura dei rossoneri a San Siro targata Gilardino, e ancora una volta gli intrecci del calcio alle volte possano rivelarsi meravigliosi. Finisce 3-0 per il Palermo, con il Milan annichilito dalla rete di Caracciolo e dell’improbabile match winner Mariano Gonzalez, autore di una doppietta con la complicità di un quasi inguardabile portiere spilungone chiamato Zeljko Kalac.

 

Giuseppe Papadopulo, galantuomo ben lontano dal suo “quasi omonimo” ellenico, quella sera si prende il popolo rosanero vincendo la sua battaglia in punta di piedi, e porterà il Palermo alla sua seconda, seppur “grazie” a Calciopoli, qualificazione in Europa consecutiva. Ma il calcio è strano, perché nonostante gli oneri raccolti in battaglia la sua guerra la perde con il benservito a fine anno. Come lo fu dato a Papadopoulos con il ritorno della democrazia in Grecia, e potete immaginare in che modo. 

Per quanto le due storie raccontate possano sembrare sconnesse, forzate, anche collegate in modo blasfemo, alla fine arriva la conferma che se la metafora della guerra è fra le più utizzate nel mondo del calcio, in fondo, ci sarà pure un motivo. Ma a Giuseppe Papadopulo rimarrà sempre quella partita come esempio di "vittoria silenziosa", in punta di piedi, esempio di come non servano le bombe per fare rumore.


 

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