«Occasione per rifondare il calcio». Bruno Pizzul a FP
Quando lo senti parlare riconosci subito chi è e ti vengono in mente tutte quelle partite della Nazionale che hanno emozionato un popolo intero. Stiamo parlando del telecronista per eccellenza, la voce più nostalgica d'Italia, Bruno Pizzul, il quale è stato nella casa degli italiani dal 1986 al 2002 commentando i match degli azzurri.
In questo periodo in cui il calcio è fermo in cui non si sa quale sarà il futuro immediato del primo sport italiano forse un'opinione autorevole e super partes come la sua può servire adallontanarci a questa confusione interiore che ha ogni singolo appassionato di calcio che si deve accontentare di repliche e approfondimenti su come e quando fare tamponi faringei a più di cento giocatori di Serie A.
Dalla sua Gorizia Bruno Pizzul racconta, innanzitutto, di come sta vivendo la quarantena: «Vivo in una zona abbastanza tranquilla, posso dire che non mi sta cambiando tanto la vita, ma non è che mi posso muovere tranne per le esigenze - racconta ai nostri microfoni -. Riesco a sopportare abbastanza bene questa forma di isolamento perché ho una casa abbastanza capiente e un piccolo giardino, quindi ho possibilità di muovermi con certo agio e andando all'aria aperta. C'è mia moglie che mi coccola in tutti, anzi lei ha un pollice verde, coltiva un orticello presente in giardino e io mi limito a guardarla. Mi godo queste piccole comodità che purtroppo molta gente non può avere».
La conversazione passa subito al calcio e la direzione che, secondo lui, dovrebbe prendere in mezzo a tante discussioni e polemiche sul rioartire che sono del tutto fuoriluogo in questa emergenza pandemica: «Credo che tuttosommato bisogna attendere quelle che sono le decisioni dell'autorità costuita dal Governo che, dopo aver sentito il parere dei medici e degli esperti, dirà se come e quando si potrà ricominciare quantomeno gli allenamenti. pare che la situazione sia meno favorevole rispetto a quello che si poteva supporre qualche giorno fa. Adesso il primo step sarà quello del 4 maggio, però quanto detto dal Ministro dello Sport sembra che la data possa essere allungata di poco quella data. Comunque è stata predisposta dalla Lega e dalla Figc un protocollo attraverso il quale il modo in cui potranno essere ripresi gli allenamenti è un modo tutt'altro che praticabile secondo me. A parte la necessità di stare in ritiro obbligato, di fare dei lavori sul campo di gioco e negli immediati dintorni a piccoli gruppi e soprattutto dover lavorare a un metro di distanza l'uno dall'altro. Tutto questo naturalmente è una forma d'allenamento che non c'entra assolutamente niente con il gioco del calcio e non so se come e quando potrà essere utilizzata per riprendere col campionato».
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MEGLIO ASPETTARE
«Ci sono tanti altri fattori che ostano ad una ripresa che sia armonica: per esempio il fatto che a giugno ci saranno tanti giocatori in scadenza e in prestito che dopo non potranno, almeno se non dovessero esserci delle deroghe, giocare per le squadre per i quali hanno lavorato. Poi la stessa Associazione dei Calciatori denotano molte perplessità sulla ripresa dell'attività stessa. Le stesse società, almeno alcune che hanno interessi di bottega, sono propense a provare ad adeguardsi a quelle che sono le decisioni della Lega, però molte di queste società mal volentieri si predispongono a questa ripresa. Ci sarebbero delle necessità da portare fino al mese di agosto, per di più l'Uefa ha detto che nel mese di agosto dovranno essere giocate le fasi finali della Champions League e dell'Europa Legue. Quindi ci saranno tutta una serie di impedimenti che secondo me rendono difficili la ripresa».
RIFORMARE IL CALCIO
«Dovrebbe essere l'occasione di riformare. Si parla tanto di fare in modo che restino nell'orbita del calcio professionistico le società che abbiano un budget che hanno una solidità economica e ambientale tale da sopportare una condizione di squadre professionistiche e naturalmente come il Palermo ci sono tante squadre che vorrebbero riconosciuto il loro ruolo, oltre che storico, anche di potenzialità economica. Si parlava anche prima che succedesse questo pasticcio, questa drammatica ingerenza del Coronavirus, della necessità di riforma del calcio italiano. Chissà se da questo sconquasso non derivi la possibilità davvero di formulare delle nuove gestioni tali da rendere il calcio spesso meno vittima di indebitamento e di problematiche ricorrenti come la prima».
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